“C’è il senso di una pienezza ed intensità nella formazione delle immagini di Paolo Dell’Elce, c’è un bisogno espressivo di significati dove ha voce il silenzio che continua anche dopo l’ultimo segno, dopo l’ultima luce, l’ultimo albero grigio.

Il soggetto innocente sente lo sguardo su di sé, si presta alla messa in scena, entra nel tessuto del linguaggio, diventa costruzione visiva, luogo dell’evocazione, suono ed eco di una tensione interiore vivificata, che appartiene alla ragione stessa della sua vita, per dare durata all’indicibile, all’evento poetico che investe la sua coscienza portando la tensione verso la totalità.”

Mario Giacomelli

sabato 12 febbraio 2011

Prélude à l'apres-midi d'un homme









I paesaggi del pomeriggio


Una più dolce fine mi coglierà
Nel sole segreto della veranda.
Mi assopirò un poco e un ultimo sorriso
regalerò
alle foglie verdi del basilico.
                                      Rita Ciprelli


La luce pomeridiana è quella che tocca le cose svelando il particolare. Essa descrive l’oggetto nella sua dualità di luce e ombra, presenza e assenza.
Questa luce entra radente nei Paesaggi del Pomeriggio evidenziando lo spazio come profondità, terza dimensione.
È una luce proiettiva che determina quindi la prosecuzione dell’oggetto nella sua ombra, che è immagine di sé e doppio.
Rileva Edgar Morin: – Una delle manifestazioni permanenti del doppio è l’ombra. L’ombra che, come aveva già notato Spencer, per il bambino è un essere vivente, è stato per l’uomo uno dei primi misteri, una delle prime acquisizioni della propria persona. E in quanto tale, l’ombra è diventata l’apparenza, la rappresentazione, la fissazione, il nome del doppio – .
I Paesaggi del Pomeriggio, pur evidenziando quest’ambiguità, hanno un carattere di affettività molto spiccato; essi comunicano il senso di un’intima quotidianità, di una partecipazione alla vita silenziosa delle piccole cose.
I Paesaggi del Pomeriggio preparano lo spirito al distacco.
Nei Paesaggi del Pomeriggio, lentamente, le cose ci lasciano.






Il raggio di luce che carezza gli oggetti, evidenzia sulla loro superficie il lento processo di decomposizione della materia, una transustanziazione in luce; un pulviscolo leggero li abbandona, risalendo nel raggio di luce.

(da "La Porta nel Paesaggio" di Paolo Dell'Elce)

2 commenti:

  1. Monet sembra capisse solo dalla luce dei quadri che ora fosse quando i suoi colleghi impressionisti li avevano dipinti. Non è bellissimo pensare che ogni cosa su questa terra (come noi del resto) l'attimo dopo ha un'illuminazione diversa dall'attimo prima?

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  2. è bellissimo sì...Marcel Proust, invece, ricordando la sua casa di Combray, la ripensa “come se là non fossero mai state che le sette di sera”. Un luogo e un'ora fissate per sempre in un'immagine della memoria...

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