Perché portare a termine quando nessuno, in giardino, ha mai visto il mio glicine concluso.
Se allora fosse del fiore il fallimento, questa, diremmo, è la bellezza del mondo, la sua esperienza visibile.
Roberto Sanesi
Roberto Sanesi
Dei fiori ammiro la disperata vitalità, la tenacia e la precarietà, la sensualità che prorompe dalla loro forma-gesto.
Esseri di congiunzione tra vita e morte, mi attrae la loro natura, fluttuante tra materia e spirito.
Quando guardo un fiore gli occhi si fanno più limpidi, si purificano, e tutto sembra più accettabile.
Con lo sguardo ho cercato di accostare il loro silenzio.
Da sempre con la Fotografia provo a restituire la meraviglia che mi danno.
I fiori che ho fotografato, depositandoli sul piano dello scanner, quasi una bara di cristallo, sono fiori recisi raccolti per strada…fiori feriti e abbandonati, che stanno morendo, e di cui mi toccava la disperata agonia.
Il sentimento che ha mosso questo mio lavoro è stato un sentimento di pietà per il loro destino, non saprei definirlo altrimenti.
Ho raccolto questi fiori cercando di dar loro l’ultima cura: un po’ d’acqua, una carezza…uno sguardo estremo, d’amore e di compassione.
Li ho guardati come se fossero persone, li ho vegliati.
Ho cercato di fotografare la rassegnata bellezza del loro estremo abbandonarsi al tempo, nel disfacimento della materia.
Ho visto che sullo scanner lasciavano come un’impronta, qualcosa che vedevo solo io.
Con queste immagini ho cercato di evocare la loro anima.
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