“C’è il senso di una pienezza ed intensità nella formazione delle immagini di Paolo Dell’Elce, c’è un bisogno espressivo di significati dove ha voce il silenzio che continua anche dopo l’ultimo segno, dopo l’ultima luce, l’ultimo albero grigio.

Il soggetto innocente sente lo sguardo su di sé, si presta alla messa in scena, entra nel tessuto del linguaggio, diventa costruzione visiva, luogo dell’evocazione, suono ed eco di una tensione interiore vivificata, che appartiene alla ragione stessa della sua vita, per dare durata all’indicibile, all’evento poetico che investe la sua coscienza portando la tensione verso la totalità.”

Mario Giacomelli

venerdì 10 dicembre 2010

Lo sguardo dei pini

bambino al Parco D'Avalos, 2003



“Darei tutti i paesaggi del mondo per quello della mia infanzia"
Emile Cioran

Sono nato sotto la Pineta, ho mosso i primi passi all’ombra dei pini, tra gli aghi secchi, sulla terra nera. 
Questa nascita mi ha segnato nel carattere come nella sensibilità. 
Ho respirato la resina dei pini e le fragranze del sottobosco dal primo giorno di vita e i miei ricordi più lontani raccontano di chiome-nuvole e aghi di pino intrecciati a mo’ di collana che noi bambini donavamo, orgogliosi, alle bambine.
Tutto il mio lavoro artistico muove da questa realtà originaria, e non potrebbe essere altrimenti. 
Da molti anni racconto la silenziosa presenza degli alberi.
Ho cominciato a fotografare la Pineta a sei anni, con una macchinetta comprata in cartoleria, ricordo che andai sotto la Pineta e cominciai a fotografare gli alberi. 
Sono tornato nella Pineta con una macchina fotografica alla fine degli anni Settanta, cercando i motivi della mia infanzia, e ho cominciato un silenzioso dialogo con gli alberi. La Pineta è il luogo che mi porto dentro ovunque mi trovi, è il luogo che mi preme ritrovare ogni giorno. È il mio paesaggio originario, e  ‘sotto la Pineta’ sento quel legame profondo che mi riporta alla mia nascita.
Nella mia ricerca estetica mi sono accostato alla Pineta con la semplicità e l’attenzione di quando ero bambino, rilevando la materia e le essenze di un luogo che per me è rimasto il luogo dell’immaginario, del sogno. 
Ho fotografato la Pineta suggerendo nuclei di visione, cercando di non svelare il suo segreto, il suo selvaggio mistero. 
Il mio sguardo ha cercato di evocare lo spirito del luogo, com’è mia cura e dovere preservarlo. 
Ho voluto raccontare, secondo una mia personale visione, le atmosfere di un luogo caro a tutti i pescaresi, la Pineta D'Avalos. 
Un invito a guardare oltre il visibile, a trovare un riflesso nell’Occhio profondo della Natura, che ci guarda attraverso le sue creature. Ho cercato di restituire il sole e l’aria, l’“adriaticità”, l’origine nell’acqua, nella terra e nella luce di questa mia irrinunciabile città.























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